La mia bici da corsa era bianca. Mi venne regalata in terza media e sostituì la mia BMX, adorata, sporca, piena di adesivi, sulla quale raggiungevo il mio banco di scuola riuscendo a bilanciare uno zaino colmo di libri mentre andavo su una ruota sola.
Con la bici da corsa scoprii la velocità, i rapporti, la possibilità di presentare una diversa corona ad un nuovo pignone e di trovare la giusta mescola per faticare il giusto e correre leggero nelle mattinate romane. La mia fortuna era di vivere in una parte della città pianeggiante, sulla sommità dei "Monti di Creta" nessuna salita, solo qualche falso piano mi faceva faticare un pò di più. Piccolo cucciolo di re leone, non per l'esplosività dello scatto ma perché io ad un leone, soprattutto quando portavo i capelli lunghi (arriveranno negli anni del liceo) gli assomigliavo un pò, o almeno questo mi concedo di pensare, probabilmente assomigliavo di più a Naso Orso Capo.

Torniamo alla mia dolce vita su due ruote a trazione animale...
Io avevo la fortuna, enorme, di poter andare a scuola in bici. Questa mia libertà, donatami da quel giovane americano trapiantato a Roma e da quella mescola di roccie abruzzesi e mare adriatico nata nella terra delle lunghe barbe, creò non pochi problemi ai genitori dei miei compagni di scuola e, per contro, ai miei, amati, genitori. Ma era un'altra Roma, era un altro Mondo!
Non ero particolarmente bello, non lo sono adesso figuriamoci a 13 anni, abbozzo di ragazzo che si avvia ad una lenta maturazione.
Eppure feci colpo! Feci colpo su una ragazzina di poco più grande di me (e qui già vedo l'uomo dietro al bancone che si sta sganasciando dalle risate!) e fu lei ad essere il mio "Primo Bacio".
Primo bacio dato di corsa, dato di fretta, alla fermata del 791 dove i nostri percosi quotidiani si separavano, lei sui mezzi pubblici, io con la mia amata bici.
E fu lì che venni colto in flagrante! Mio fratello che tornava dal liceo in motorino mi vide baciare la mia "fidanzatina", e corse a casa sghignazzando.
Non so allora perché e, a dirla tutta fino in fondo, non saprei dire nemmeno come feci, ma mi misi subito all'inseguimento di quel "Si"... e gli stetti dietro! Arrivai poco dopo di lui, ero sempre in bici e vi assicuro che stare dietro mio fratello su di un mezzo a due ruote è praticamente impossibile. Eppure quella volta la vergogna mise le ali alle mie ruote finissime.
Mentre salivo in ascensore tolsi il braccialetto che lei mi aveva regalato, altro gesto dettato da una vergogna che oggi non mi so spiegare ma che all'epoca sentivo crescere col passare dei solai. Arrivai a casa, il giovane americano aveva preparato gli spaghetti col sugo "stupido", ci sedemmo a tavola e mangiammo davanti al TG1.
Mio fratello mi guardava e sorrideva beffardo! Ma non aveva nulla da dire...